Padre Pio e la preghiera -
Eco di Maria nr.144
Don Gabriele Amorth ci manda qualche ricordo
dei 26 anni passati visitando P.Pio.
«Su P. Pio è rimasta famosa l'autodefinizione che diede ad un giornalista: "Sono
un povero frate che prega". Lo stavo a contemplare con la corona in mano; la
chiamava la sua arma e scrisse al direttore spirituale che ne recitava almeno 5
intere ogni giorno; questo significa in termini di tempo, 5 ore al giorno
dedicate al Rosario. Dormiva pochissimo e aveva una capacità di fare più cose
contemporaneamente. Meditava i misteri; così soffriva visibilmente i dolori
della Passione di Cristo, ma sentiva pure nella sua anima i dolori di Maria, che
riteneva la più grande martire, vera Regina dei Martiri. Più avanzava in età e
più il Padre sentiva la necessità di aumentare lo spazio da dare alla preghiera.
Già alla fine degli anni '40 m'ero accorto che il tempo che dedicava alle
confessioni era assai ridotto. Era lontana l'epoca in cui confessava anche 16
ore al giorno. P. Michelangelo gli osservò un giorno: "Caro Padre non potresti
confessare un po' più a lungo? Qui ci sono persone che vengono anche da molto
lontano, dall'estero, e per potersi confessare da te debbono aspettare lunghi
giorni". Ecco la risposta: "Caro P. Michelangelo, credi che la gente venga qui
per Padre Pio? La gente viene per sentirsi dire una parola del Signore. E se io
non prego, che cosa do alla gente?".
Il bisogno della preghiera gli veniva anche suggerito dalla consapevolezza di
essere indegno; si sentiva un grande peccatore, col rischio continuo, col
terrore, di poter commettere un peccato e di poter perdere la fede. Perciò è
sempre stato un grande mendicante di preghiere. Mi ero accorto che, se volevo
vederlo illuminarsi di gioia, bastava che gli dicessi: "Padre, prego per lei".
Ringraziava con effusione; pareva che volesse dire: "Finalmente uno che mi
capisce!".
Sentiva moltissimo lo stimolo alla preghiera anche perché sentiva la necessità
di santificarsi per santificare. Era una preoccupazione che cercava di infondere
soprattutto nei sacerdoti. Ricordo bene quando mi confessai da lui, poco dopo la
mia ordinazione sacerdotale. Quando gli confidai di essere un prete novello mi
disse con forza: "Ricordati che un sacerdote deve essere un propiziatore. Guai
se è lui ad aver bisogno di essere propiziato! Ricordatene bene"».
Don Gabriele Amorth