"Apparve nel cielo un segno grandioso"
- di Don Gabriele Amorth
Il ruolo della Vergine Maria alla prima
e alla seconda venuta di Cristo
Solo Dio è eterno; per cui, prima dei tempi
esisteva solo Dio, nel dinamismo d’amore insito nelle Tre Persone unite
nell’unica natura divina. Poi il creato – Angeli, cosmo e uomini – ha visto
questo amore esprimersi esternamente, dando vita solo a creature belle e buone,
di cui il Creatore si è compiaciuto. Ma il dono più bello, che forma la
grandezza delle creature superiori – l’intelligenza e la libertà – ha indotto
alla superbia e alla ribellione prima una parte di Angeli e poi, per istigazione
di questi, i nostri progenitori. Così sono entrati nel mondo il peccato, il
male, la sofferenza, la morte, l’Inferno; quando invece Iddio ha creato tutti
per la felicità eterna.
L’odio di Satana contro Dio lo ha portato e lo porta a indurre l’uomo alla
ribellione e al peccato. Ma contro le conseguenze della colpa originale, la
misericordia infinita di Dio preannuncia la salvezza: manderà il suo stesso
Figlio, che verrà come Redentore. Sarà figlio di una donna. Questa donna, subito
annunciata, è posta da Dio stesso come la nemica di Satana e segno di salvezza.
È il primo annuncio di Maria, agli albori della storia umana, riferito nel
Protovangelo: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua
stirpe; questa [ossia: il figlio di questa donna] ti schiaccerà la testa e tu la
insidierai al calcagno" (Gn 3, 15).
Ne risulta che sono legittime tutte le raffigurazioni che presentano la Vergine
Maria nell’atto di schiacciare la testa al serpente, purché questo gesto sia
visto come cooperazione all’opera del Figlio, venuto per distruggere le opere di
Satana.
Alla fine della storia umana – nel secondo avvento del Signore – vedremo
ripetersi la stessa scena: ricompare la donna come segno di salvezza e ricompare
nell’atteggiamento di lotta contro Satana. Ecco il testo: "E un segno grandioso
apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e
sul suo capo una corona di dodici stelle […]. E un altro segno apparve nel
cielo: un drago rosso vivo, con sette teste e dieci corna […], il serpente
antico, quello che è chiamato Diavolo e Satana, colui che inganna tutta la
terra" (Ap 12, 1ss).
Chi è questa donna? Sicuramente Maria, dato che il suo figlio è Gesù. Così la
Vergine Maria è il segno della salvezza, dal principio alla fine dell’umanità.
San Bernardo amava dire e scrivere: "Maria è tutta la ragione della mia
speranza". E questa stessa frase era scritta sulla porta della cella di Padre
Pio da Pietrelcina: chissà quante volte il santo frate l’avrà ripetuta!
A questo punto siamo invitati a riflettere su quale sarà il ruolo di Maria alla
fine del mondo. Conosciamo bene la parte fondamentale che ha avuto alla prima
venuta di Cristo; ma poi, quando Cristo è asceso al Cielo, e gli Apostoli con
Maria continuavano a tenere lo sguardo rivolto verso l’alto, vengono due Angeli
a interrompere l’incanto e a dichiarare: "Questo Gesù che è stato assunto di
mezzo a voi fino al Cielo, verrà così, in quel modo come lo avete visto
andarsene in Cielo" (At 1, 11).
Il Signore verrà, ritornerà: ‘Maranathà! – Vieni, Signore Gesù!". La tensione
escatologica, l’attesa della parusia, è tipica dei tempi di fede viva e
qualifica il tempo liturgico dell’Avvento che stiamo per celebrare. Ma quale
sarà il ruolo di Maria in quell’occasione? I Santi – particolarmente il Montfort
– ritengono che la Vergine avrà un ruolo importantissimo e palese. Il libero
‘sì’ di Maria, per volere divino, precedette l’Incarnazione del Verbo. Maria,
alla prima venuta di Cristo, fu madre e collaboratrice del Redentore, ma in modo
assai discreto. Per la seconda venuta del Signore, che sarà un ritorno glorioso,
il ruolo di Maria sarà invece aperto: sarà lei a preparare "gli apostoli degli
ultimi tempi", come ama esprimersi il Montfort, e a condurre la lotta contro il
‘drago rosso’ dell’Apocalisse.
Ecco il motivo del "grande segno [che] apparve nel cielo: una donna vestita di
sole" (Ap 12, 1). Intanto l’inimicizia tra la ‘donna’ e il ‘drago’ perdura, e la
lotta è senza tregua.
Gabriele Amorth